Di bellezza si vive

L’emozione estetica come motore del senso. Quali sono gli orizzonti che desideriamo raggiungere? Facciamo il punto della situazione e condividiamo i nostri prossimi passi

Di bellezza si vive

L’emozione estetica come motore del senso. Quali sono gli orizzonti che desideriamo raggiungere? Facciamo il punto della situazione e condividiamo i nostri prossimi passi

Le riflessioni, le iniziative e le scelte operate in questi ultimi anni da Villa della Pace spesso hanno riguardato il tema della bellezza. A partire dalla riapertura alla comunità di Stezzano il 2 giugno 2021 con la mostra fotografica “Ritorno al paese delle Meraviglie” fino all’istallazione artistica “una rivoluzionaria bellezza” del maggio 2022, passando attraverso la mostra pittorica “Stupor”, più volte siamo tornati sull’argomento.

Eppure i nostri ospiti vivono un momento della vita che nella nostra cultura non è affatto associato alla bellezza. Essere dei grandi anziani, questa è l’espressione sociologica per le persone con più di 85 anni di vita, non viene ritenuto certo bello. Piuttosto si pensa a questa fase della vita come un momento di perdita di capacità, di fine delle autonomie e quindi di dipendenza da altri, anni di malattia, sofferenza e infine morte. Sembra una considerazione dura, ma se valutiamo con sincerità ciò che la cultura immagina per i nostri ospiti scopriremo che il binomio simbolico di decadenza e perdita abita il giudizio degli anni estremi della vita.

Quindi perché ritornare sul tema della bellezza? Saremmo sciocchi se pensassimo che si può ingannare la vecchiaia, se credessimo di poter convincere i nostri ospiti che infondo il peso dei giorni non c’è. Non parliamo loro di bellezza per ingannarli o depistarli. Tantomeno le nostre scelte sono guidate da finalità di pure immagine pubblica della struttura.

Che la bellezza sia necessaria in questa fase della vita ce lo suggerisce, ma preferirei dire consegna, uno dei testi sapienziali più profondi mai scritti, ovvero il libro della Bibbia Qoelt o Ecclesiaste. Nella sua chiusura il libro dice: “ unica è la sorta che tocca a tutti”, e ancora: “questo è il male che investe tutto ciò che è sotto il sole”. L’esperienza di chi ha una lunga vita porta a concludere che nessuno può evitare di confrontarsi con l’esperienza dello smarrimento e della perdita di senso. Ma il saggio non si ferma a questa considerazione nichilistica e per certi versi cinica, anzi dice:

 

“E allora, via, mangia nella gioia il tuo pane

e bevi con cuore lieto il tuo vino,

perché questo è quanto Dio vuole che tu faccia.

In ogni tempo siano candide le tue vesti,

né manchi di profumo il tuo capo.

Godi la vita con la donna che ami,

giorno per giorno, durante questa vita fugace

che ti è stata data sotto il sole.

Questo, infatti, è quanto solo ti spetta

per la vita è per tutta la fatica che tu sopporti sotto il sole.

(Qo 9, 7-9)

Il godimento del cibo, la cura del proprio aspetto, la dedizione alla relazione sono ciò che ci viene consigliato per resistere all’asprezza del vivere.

Sbaglierebbe nuovamente chi pensasse che questi atteggiamenti sono pura e vuota distrazione. Al contrario vivere “avendo il coraggio della bellezza” parafrasando il filosofo Nietzsche sarebbe il contrario di un atteggiamento codardo o moralistico. In altre parole difronte alla mancanza di senso, alla sofferenza e alle prove più dure l’unica risposta sarebbe la bellezza, l’estetica.

Una posizione decisamente originale questa. Perché il giudizio estetico salva?

Torniamo a rifermenti più quotidiani. Qualcuno ha mai considerato qualcosa di malfatto, abborracciato o trasandato sintomo di cura? Anzi, non a caso il contrario di cura e tras-curato. Che relazione c’è tra cura e bellezza? Una RSA è luogo di cura, di cura plurale per le tante dimensioni della persona, e la cura trova la sua compiutezza nella bellezza. Il rapporto tra cura e bellezza è quello che vogliamo continuare a indagare.

In questo senso l’arte diventa lo strumento fondamentale. Artista è colui che sa riconoscere e creare bellezza infatti. Ovvero colui che sa trarre dai contrasti e dalle mancanze della vita senso e laddove il senso non c’è sa stare difronte al vuoto senza caderci dentro coltivandone i margini. Non è un caso che sempre che un opera d’arte non spiega, ma suggerisce, non illustra, ma rivela. I nostri ospiti vivono su questo margine e l’arte è la possibilità che abbiamo per curare l’esistenza affinché possa considerarsi piena e bella senza se e senza ma.

Nel progetto finanziato da Fondazione Comunità Bergamasca per il 2023, “custodi delle memorie”, che vedrà il suo compimento nel docufilm “le rose di settembre” proveremo a dare nuova declinazione a questa visione. I nostri ospiti sono come le rose di settembre, ovvero portano i segni della calura estiva, hanno le ammaccature della grandine, sono più piccole rispetto alle rose nuove e vigorose di maggio. Ma come le nostre signore le rose di settembre hanno il compito di regalarci i loro colori prima che l’inverno ce li porti via. Il ricordo del colore delle rose di settembre ci da una mano a sopportare il gelo dell’assenza.

Durante il documentario i ricordi dei nostri ospiti saranno alternati a performance artistiche eseguite dai nostri ospiti. Attraverso la loro intensità cercheranno di portare domande e profondità.

L’estetica sta difronte al margine, sopra al limite e ci permette la pienezza, nonostante, o forse in virtù, della durezza del vivere. Questo a ribadire ancora una volta che al centro dell’esperienza del vivere sta il sentimento di quest’ultimo. Sono le emozioni che accompagnano i nostri giorni a dare valore. Nel nostro operato suscitare l’emozione della bellezza è il cuore della cura. Di bellezza si vive.